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a cura di Céline
RadioLime
Mi ci è voluto un attimo prima di iniziare scrivere la recensione di questo album, un po’ perché non conoscevo l’artista, malgrado la notorietà che ha acquisito negli ultimi anni (che vergogna!), un po’ perché non mi sarei mai aspettata un album cosí commovente: in quanto liceale impaziente non sono abituata a prendermi il tempo di leggere i testi delle canzoni che ascolto, e sono stati proprio i testi a colpirmi maggiormente. In questo suo ultimo album infatti l’artista americano Sufjan Stevens si apre al pubblico con una nudità sconcertante, parlando di dolore (per la morte di sua madre), affetto, fede, malinconia, solitudine, abbandono (da parte della madre) e ricordi della sua infanzia in un mix di tristezza, dolcezza e spiritualità che tocca l’animo di chi ascolta. Alla musica tranquilla, quasi ultraterrena con le sue melodie celesti, con il banjo e la chitarra (occasionalmente il pianoforte) al posto delle arpe, s’aggiunge la sincerità con la quale lui ci sussurra la sua storia, chiedendosi perché non ha ricevuto amore (« I wonder did you love me at all? »), perdonando chi gliel’ha negato e passando in rassegna ciò che lui o altri non hanno fatto (“I should have known better; I should have wrote a letter”). Nonostante il contenuto dei testi, l’album però non è né triste né deprimente: in Carrie & Lowell infatti, con i suoi 11 brani e 42 minuti di musica, Sufjan Stevens e la sua voce angelica sono riusciti a commuovermi e allo stesso tempo cullarmi e consolarmi, il tutto con una semplicità destabilizzante. Nonostante la mia avversione per le canzoni tristi non posso fare a meno che consigliarlo vivamente, e ringrazio chi me l’ha fatto ascoltare.