In previsione del quarto album che uscirà a l’11 settembre, una recensione sul nuovo singolo “Oh Baby”.
a cura di Sabrina Scoletta e Massimiliano Marra – Radio JungleCiani.
Micachu & The Shapes sono un gruppo originario dell’Inghilterra, composto da 3 membri: Mica Levi (in arte Micachu) alla chitarra e alla voce, Raisa Khan alla tastiera e Marc Pell alla batteria.
La band si è subito focalizzata sul genere pop sperimentale e sulla pop music, spaziando poi peró anche in altri generi.
Hanno prodotto diversi album: il primo uscito nel 2009, intitolato Jewellery, pieno di naturalezza lo-fi; il secondo, intitolato Chopped & Screwed, preso da un live al Kings Palace (Londra) fatto assieme alla London Sinfonietta, con un’inquietudine post-punk oscura e sommessa; il terzo, uscito nel 2012, intitolato Never, più wave-pop, meno apprezzato dalla critica; e poi l’ultimo, che uscirà il 11 settembre 2015, intitolato Good Sad Happy Bad, lanciato con il nuovo singolo “Oh Baby”.
Mica Levi ha anche prodotto un OST da sola, intitolato Under The Skin, uscito nel 2014.
La critica generalmente li apprezza per il loro stile di pop suburbano e il modo caotico con cui si presentano le loro canzoni.
Dopo aver fatto una breve analisi di questa particolare formazione musicale, iniziamo ora l’ascolto di “Oh Baby”.
Si fanno strada nelle cuffie strani rumori subacquei di tastiere e martellanti suoni elettronici, ripetitivi e dai tempi lenti e cadenzati. Si comincia dunque già dall’inizio con gli sperimentalismi. Il brano procede tutto sulla stessa dinamica decadente e strana, parti vocali spoglie e quasi inespressive e, dal punto di vista compositivo e prettamente musicale, senza grandi idee a nostro parere. “Oh Baby” si presenta come una canzone piatta, scialba, quelle canzoni che, come si suol dire, “non ti dicono nulla”.
Per i fan incalliti di Micachu e dei The Shapes questo singolo “Oh Baby” potrebbe anche venire apprezzato, ma per coloro che si sono avventurati per la prima volta nelle sonorità stravaganti di questo progetto, l’ascolto risulterà quasi sicuramente noioso e incolore. Pertanto non grideremmo al miracolo, questo gruppo ha composto brani molto migliori, caoticamente vivaci (si veda “Golden Phone” e “Turn Me Well” ad esempio) e sono sicuro che può fare di meglio. Per concludere ricordiamo che la musica sperimentale è un’arma a doppio taglio. Sperimentare può generare musica meravigliosa così come musica orripilante. Il rischio c’è sempre.
Speriamo dunque in un maggiore afflusso di idee per questi Micachu & The Shapes.